mercoledì 21 ottobre 2009

Memento Ergo Sum

senza memoria ci sarebbe ben poco di cui stare allegri, guardate ad esempio il film "Memento" di Nolan e capirete a cosa mi riferisco.

Alla nostra forse limitata memoria viene in aiuto la società dell'informazione creando dispositivi di memorizzazione sempre più capienti ed efficienti. Quando ero ragazzino erano i tempi di floppy disk da 512kb o quelli a doppia densità. Hard Drives da 250Mb sembravano poter contenere tutto lo scibile. Ora dischi rigidi da 1 Terabyte costano meno di 100 euro. Così come 15 anni fa mi domandavo quanto avrei impiegato a riempire un hard disk da 250Mb ora mi chiedo quanto impiegherei a rimepire il mio disco rigido di ultima generazione. Ce la farò ugualmente, accade un po' come quando per andare in vacanza scelgo una valigia più capiente delle mie reali necessità e finisco a riempirla comunque, chiedendomi come avrei fatto se non l'avessi avuta così grande. Salvo poi utilizzare effettivamente una frazione ridicola della roba portata dietro. Sicuramente manco di essenzialità...

Ma non è tutto qui. Un giorno, non bello ma neanche brutto, il disco esterno su cui memorizzo gran parte dei dati che ritengo utili o necessari smette di funzionare. La sensazione di aver perso qualcosa di assolutamente indispensabile irrompe tra i miei pensieri. Penso che quell'hard disk sia un po' un'estensione del mio cervello, magari solo la parte che memorizza, ma pur sempre un pezzo di me cui ho affidato qualcosa di anche virtuale ma che ad un certo punto della mia esistenza ho ritenuto degno di essere memorizzato per futura occorrenza. La sensazione angosciosa della perdita si impossessa di me. Il paradosso è che non ricordo cosa vi ho memorizzato. Ma una persona può dire di possedere solo ciò di cui la sua mente ha coscienza. Se c'è qualcosa che posseggo, ma non lo ricordo, non lo posseggo più perché non andrò mai a cercarlo, non avendone più memoria.

E quindi, su di un piano logico, se non ricordo cosa ho perso non ho perso nulla. Ah-ha, dannato disco esterno, ho vinto io con la mia filosofia. La sensazione di irrimediabilità del danno svanisce e mi riappacifico col mondo e con la tecnologia.

Rifletto sull'accaduto e mi pare un problema di prospettive. Vedo tutte queste persone che si affaccendano ai dati, non alle informazioni, che sono utili, bensì ai neutri freddi e inutili dati. Ad esempio c'è chi leggendo il giornale si informa sulle temperature nel mondo. Ora va bene la curiosità ma a che serve sapere che a Canberra ci sono 25 gradi quando si vive dall'altra parte del mondo in cui è pieno inverno? Probabilmente è un po' provinciale, ma allora ascoltate: avrete sicuramente degli amici che passano buona parte della loro tempo su internet scaricando e scaricando all'infinito musica per collezionare le discografie complete di vari artisti. Ma poi secondo voi ascoltano tutti gli album? Probabilmente ci vorrebbe molto, troppo tempo. Loro collezionano dati, che inevitabilmente memorizzano e magari poi un giorno il disco dati si rompe e si sentono persi. Vorrei ben dire, tutto il tempo impiegato a collezionare! Il ragionamento poco fa espresso li aiuterebbe a prendere le dovute distanze a ridimensionare le prospettive. Accumulare dati è forse una mania di questi tempi. Intendo dire accumulare dati anche per fare delle previsioni. Si, ho letto Nassim Taleb e approvo il suo punto di vista e ora ridacchio dei broker di Wall Street che correlano 50 e più variabili per predire l'andamento dell'indice Nasdaq anzi aspetto che il Cigno Nero dispieghi le sue ali su di loro per lasciarli ancora una volta a bocca aperta.

Scusate la divagazione, mi piace lasciare che la mente associ liberamente pensieri, possono venirne fuori considerazioni sottili. E' la mia rivincita sulla vecchia paura di andare fuori traccia nei temi di italiano, quando avevo tonnellate di cose da scrivere ma mai che fossero attinenti a quanto richiesto dall'insegnante. E mi piaceva pensare che la professoressa mi potesse dare un bel 9 con giudizio "sei completamente fuori traccia ma hai scritto un bel tema lo stesso". Sarebbe andata al di là degli schemi. Almeno una volta, prof., almeno una volta. Perché vuole leggere sempre la solita pseudo critica alla Divina Commedia? Sono anni che lo fa, perché ancora? Stia a sentire qua, invece...

Ritorno alla memoria e faccio la summa. Certo non posseggo quei dati nel disco, non ricordo cosa fossero. Vi ho dato importanza perché sbagliavo prospettive: avevo forse altre priorità. Ero malato di dati. Li ho dimenticati e meglio così, non erano essenziali ed evidentemente non mi rendevano felice. Come faccio ad esserne certo? Perché invece ricordo bene, tutti i giorni, cosa mi darebbe felicità: svegliarsi al mattino e...... ......e sorridere........

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi sembra che la tua scrittura sia migliorata. Forse perchè sei uscito dai tuoi angusti confini individualistici. Ho percepito nelle tue parole un'apertura verso il mondo. Questa volta non c'è stato nessun commiserevole ripiegamento su te stesso, ma ti sei sentito parte di un tutto. Questo tutto non funziona tanto bene, ma non ce l'ha con nessuno in particolare. E' il risultato di una miriade infinita di fattori incrociati e incontrollabili alla quale è bene adattarsi nel modo più produttivo e costruttivo possibile. Impresa questa non facile, ma che da un maschio alfa ci si aspetta!!
Ho visto il film Memento e mi è piaciuto tantissimo; è uno di quei film a cui spesso ritorno col pensiero.
Sull'umana consuetudine all'affastellamento dei dati è appena uscito un libro di Umberto Eco "Vertigine della lista".
Io non ho mai dimostrato interessamento al collezionismo di dati. Ho piuttosto impiegato le mie energie alla ricerca dell'essenza delle cose, una ricerca che va condotta piuttosto nel profondo che non verso l'esterno nell'accumulo di informazioni. Mi è sempre sembrato che fosse la strada più utile da seguire per mettere ordine al mio caos mentale: afferrare piccole verità, che non devono essere necessariamente definitive, è il mio modo di progredire e dare senso alla mia vita.
In questo tipo di ricerca la dimostrazione che si è pervenuti a un risultato attendibile non è molto scientifica e non riesco spiegarla con una formula. Proverò a spiegarla in un altro modo che però è altrettanto efficace.
Quando, dopo un lungo lavoro di osservazione sui fenomeni esistenziali che ti coinvolgono, pervieni a una risposta più che plausibile (pecco sempre di modestia; non mi piace affermare di sapere La Verità, perchè mi sembra di bestemmiare, per questo non ho detto "pervieni all'Essenza"), ecco, stavo dicendo, quando finalmente un lampo di significato dà forma al tuo arrabbattarti, provi una sensazione simile a quella che prova il bambino disperato, perchè persosi nella anonima folla, all'abbraccio rassicurante e amorevole della mamma quando lo ritrova. Se provi questa sensazione, allora puoi essere ragionevolmente sicuro di avere toccato il profondo, il cuore dell'essenza dei fenomeni.
Ma questa è roba per umanisti. Uno scienziato ha sempre il dovere di attenersi ai dati. Tutt'al più potrà esprimere il suo genio riuscendo nella giusta cernita dell'infinità di dati che si trova a disposizione.

Lucie Brendel ha detto...

E' tutto perché in fondo hai scritto: "sorriso". Non farlo più.