venerdì 9 ottobre 2009

Verso l'esilio

Sono una persona fortunata, c'è chi tiene a cuore la mia formazione e il mio futuro, per cui decide che è meglio per me andare per un periodo di almeno sei mesi a lavorare dove la nostra grande collaborazione ha sede, perché stare sul posto con gli esperti è molto meglio che non lavorare dalla sede distaccata. Si tenta di lusingarmi con appellativi del tipo: "sarai il nostro uomo sul campo". Io, che non ci tengo affatto, cerco di abbassare il profilo e passare inosservato ma non si sfugge ai diabolici piani di chi coordina. Si passa infatti attraverso:

E1 - Candidatura al trasferimento. Da effettuarsi esclusivamente su base (pseudo)volontaria. In caso venga accettata la domanda al danno si aggiungerà anche la beffa.

All'evento E1 si contrappone la speranza

S1- Ho sbagliato a redigere la domanda e non sono qualificato abbastanza.

E2 - La sede centrale accetta la candidatura. Complimenti dei vertici. Bisogna festeggiare: dov'è il cappio? Vanno bene anche i barbiturici!

S2 - Faccio scadere i termini di accettazione del trasferimento facendo finta di aver scambiato la data con quella della scadenza della patente?

E3 - Ripetute email da parte dei coordinatori mi ricordano le scadenze. Impossibilità di sottrarsi meschinamente. Ormai danno e beffa sono i miei inseparabili compagni di merende. Ma ho imparato, non temete, ho imparato per il futuro...

E allora vestiti in valigia (non la chiudo con lo spago, stavolta), si appende al chiodo tutto quello che appartiene a me soltanto: amicizie, frequentazioni, hobbies, sogni di vacanze estive, sogni in generale. La speranza è di recuperarli al rientro. Ma questi sono problemi miei, mica dei coordinatori i quali vengo a scoprire non hanno mai passato più di un mese continuativo là dove io ne devo passare sei. Per cui tutte le loro chiacchiere su come trascorrere il tempo libero, sulle opportunità che si presenteranno nel nuovo posto se le potevano risparmiare e se le risparmino per ogni altro futuro consiglio che esuli dal campo del lavoro perché ormai per me valgono meno di niente. Hanno perso di credibilità.

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